Cima Cadìn di NE – ferrata Merlone
Salita del 19.08.2011 – Elena, Luca, Alessandro e Mario
 
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Mi presento
VAL MONTANAIA
FERRATA MERLONE
SANTIAGO DI COMPOSTELA
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Va bene, volete proprio provare una ferrata? Procuratevi imbragatura, moschettoni e caschetto e venerdì mattina alle 5.30 qui davanti casa. Andremo a farci una ferrata, breve ma ardita.

Mio genero e quello futuro, non del tutto rassicurati dalla parola “ardita”, si guardarono in faccia e cominciarono a tempestarmi di domande. Volevano sapere dove, quale ferrata, ma non diedi loro alcuna indicazione. Li rassicurai dicendo che sarebbe stata una cosetta semplice, anche se all’apparenza impegnativa e che, se non soffrivano di vertigini, non c’era di che preoccuparsi. Credendo poi di tranquillizzarli del tutto, mi lasciai sfuggire che avevo scelto una salita adatta alle mie possibilità di sessantacinquenne, per cui, per loro, giovani aitanti e di belle speranze, sarebbe stata quisquiglia o pinzellacchera, ma che, appunto per imparare, avrebbero dovuto accontentarsi.

Non erano del tutto convinti i baldi giovanotti, ma, decisi alla nuova esperienza, brillavano loro gli occhi per la contentezza. La sera prima della partenza però, sotto una tempesta di domande, mi lasciai sfuggire il nome della ferrata. Per l’ennesima volta li rassicurai che sarebbe stata una “cosetta” di poche ore. Che per me invece, considerando i 65 di età e i 95 di peso, sarebbe stata una faticaccia. …Andarono subito a documentarsi a puntino su internet: Ferrata Merlone, media difficoltà, detta anche Sentiero del cielo e i due baldi giovanotti un po’ si impressionarono.

Partiti venerdì mattina alle 05.30
, con al seguito mia figlia che voleva soltanto farsi una camminata e scattare qualche foto, alle 08.20 eravamo sopra Misurina, al parcheggio del sentiero 115 che porta su al rifugio Fonda Savio.

Lasciamo l’auto e, seguendo l’indicazione
, ci inoltriamo nel bosco. Dopo dieci minuti siamo a Pian degli spiriti.

 

Spiriti di chi? domanda ironicamente Alessandro.

De quei che xe morti in ferrata! risponde subito Luca, par gnente xe ciamà anca Sentiero del cielo. Li guardo, guardo mia figlia, e si mettono tutti a ridere. Non vengono poi lesinate battute quando indico loro la “Forcella del Diavolo”, mancava solo la valle dell’inferno.

E te pareva? Dove ghe xe spiriti, no manca el diavolo!

Ridendo e scherzando, osservando ammirati la sequenza di guglie davanti a noi, raggiungiamo il rifugio Fonda Savio m.2359. La visione ravvicinata di tutte quelle guglie toglie il fiato, tanta è la loro bellezza: aspra, selvaggia. Ci fermiamo, per qualche foto: torre Wundt, cadin del Nevaio, torre di San Lucano 2839, Forcella del Nevaio, torre NE 2788, torre NO, torre Eotvos, torre del Diavolo, davanti, a destra, a manca, dietro e, dal Passo dei Toci, sullo sfondo, grandiosa, si staglia la sagoma delle Tre cime di Lavaredo, proprio al centro di quello che io definisco l’empireo delle Dolomiti: Cristallo, Croda Rossa di Carbonin, Tre Scarperi, Torre di Toblin, Cima Undici, Popera, Croda dei Toni, Marmarole, Sorapis, Cristallo e il selvaggio gruppo dei Cadini. C’è proprio da far sbizzarrire il senso estetico di ognuno di noi.

Uno sguardo alla segnaletica ed ecco individuato il segnavia azzurro che indica per la ferrata Merlone. Si procede su per detriti, sulla destra del Cadin del Nevaio, poi si attraversa la sovrastante pietraia e, sulla sinistra, eccoci arrivati all’attacco della Merlone. Diamo uno sguardo in su e osserviamo la corda in acciaio e poco sopra l’interminabile sequenza di scalette che si snoda ardita sulla parete della montagna.

Bella, bella! esclamano i due novizzi con gli occhi fissi sulla grandiosa parete di roccia. Su, imbragatevi e attenti ai nodi!...Proibito volare! dico loro per incoraggiarli. Iniziamo la vestizione: imbragatura, moschettoni, casco, zaino, guanti. Siamo pronti. Foto di rito e via su per la roccia, o meglio per la corda in acciaio. Che sia sicura? domanda ironico Luca.

Non tanto, gli risponde Alex, E’ vecchia. Ho letto che l’hanno costruita nel 1966, perciò dati una regolata! Almeno saluta la Elena. Non si sa mai! e Luca gli risponde con un gesto scaramantico: un po’ corna, un po’ palle, il ferro, anzi l’acciaio, l’aveva già in mano.

Incomincio a salire e mostro loro come, alternando l’aggancio dei moschettoni sulla corda guida in acciaio, dovrebbero arrampicare. Li osservo salire, sono sicuri, sembrano già vecchi del mestiere e tra me penso che chi avrà bisogno di aiuto sarò io. Ci fermiamo, guardiamo giù. C’è mia figlia che scatta foto in quantità. Uno sguardo al rifugio che sta in basso in fondo, sotto la torre Wundt. L’aria è tersa, in cielo solo qualche nuvoletta. Le Tre cime di Lavaredo sono uno spettacolo!

Ora procediamo per le scalette. Non finiscono più. Considerato che sono il primo, mi faccio passare la fotocamera di Alex e giù foto, foto, foto! Porca miseria! esclama Alex, go da mostrarle in comune e metarle in face-book! Stupirò el mondo! Speremo che no vegna fora anca i brividi.

Mentre saliamo d’altitudine, possiamo osservare in lontananza il rifugio Fonda Savio, sta lì, sotto di noi e sullo sfondo, a chiudere l’orizzonte sono sempre le Tre Cime. Ci fermiamo ad ammirare l’incomparabile quadro ed intanto io prendo fiato, che già la fatica mi stronca. Loro invece, leggeri, agili come giovani camosci.

Ecco un breve traverso orizzontale in estrema esposizione, con fune metallica piuttosto allentata. Attenzione! Dovete star lontani dalla fune, guardatemi! dico ai due che seguono. Una cavolata, però ci vuole un po’ d’attenzione. E’ il passaggio chiave. Fatto questo, potete considerarvi degli esperti!. Nessuno dei due fiata, chissà, avranno paura. Macchè paura! Forse mi compatiscono.

Subito oltre, un tratto nel vuoto attrezzato con tavola di legno. Per fortuna è asciutta. Proseguiamo in esposizione e approfitto per qualche foto. Siete agganciati, perciò esponetevi nel vuoto che vi faccio delle foto aeree! Esitano. Il vuoto è vuoto, ma non se lo fanno ripetere. Cosa sarà mai? Un atto di eroismo per la gloria e per qualche vanteria con gli amici! Clik, ckik, ckik, le foto mi vengono davvero bene.

Il percorso infine volge all’interno di alcune fessure rocciose dove le scale lasciano spazio all’ultimo tratto di ferrata ben attrezzato con funi metalliche. Non restano altro che gli ultimi 70 metri di dislivello, da risalire su instabili detriti. Si deve fare attenzione per non far scivolare sassi sulle testa di coloro che sono sotto.

Siamo finalmente sulla cima! Torre Cadin di NE è tutta nostra! Stretta di mano. Mio genero e quello futuro si abbracciano. Hanno il viso soddisfatto. Poi sguardo fisso al panorama e ancora foto, foto, foto a non finire. L’empireo, il paradiso delle Dolomiti sta intorno a noi. Io intanto, prossimo all’infarto, comincio a respirare e mormoro: Forse sarà l’ultima ferrata. Mi faccio una bevuta e una pesca, Luca una banana, Alex una mela.

Totale, ore 3,30 dalla partenza, senza spiriti e senza diavoli, ma con la soddisfazione di una salita davvero piacevole. Va bene, ci saranno state anche delle scalette di troppo, ma ne è valsa davvero la pena. Vi consiglio di provare, così per cominciare a vivere una montagna un po’ diversa, quella dei veri scalatori.

Mario Berto

 
 
 
 

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