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L'Incontro
di Mario Berto
 
 
   

 

Durante la pausa-pranzo, mentre i compagni parlavano e sproloquiavano di calcio e di donne, di donne e di calcio, il suo pensiero correva là, sulla littorina. Da qualche mattina, una graziosa ragazza bruna, minuta ma simpatica, veniva a sedersi davanti lui. Apriva il suo bel libro e leggeva leggeva, almeno gli sembrava. Di tanto in tanto, distogliendo lo sguardo dalle pagine, guardava attraverso il finestrino. In verità, era la solita sbirciata ai vicini di posto, a quelle persone sconosciute, simpatiche, antipatiche, insomma, chicchessia, per poterne cogliere la fisionomia senza tanto dare nell'occhio e sembrare sfacciata. Poi, veloce, la giovane donna riportava lo sguardo sul libro. Lo faceva a bella posta: se n'era accorto il giovanotto. Qualche domanda se l'era pure fatta: "Come mai là davanti a lui? Eppure, lì a fianco c'erano due posti liberi. Come mai da diverse mattine…, tre, quattro?" No! Ormai erano cinque le mattine che se la ritrovava seduta davanti o a fianco, e mica che gli dispiacesse. Sicuro, neanche a lei dispiaceva… Anche ieri, c'era un posto vuoto dall'altro lato e, guarda un po', dove s'è seduta lei? Lì, davanti a lui!
Il secondo giorno, il saluto fu più cordiale ma, sempre distaccato. Dalla terza mattina in poi, oltre che di cordialità, i rispettivi "ciao" erano incorniciati da un largo sorriso. Mezz'ora di treno assieme, tra una sbirciata e un sorriso, un sorriso e una sbirciata. Non una parola. Due muti sorridenti si sarebbe detto, se non fosse stato per quei "ciao" che, per chi se ne intendeva, racchiudevano il significato del più bello dei discorsi.
Stamani non l'aveva vista. Accanto, gli si era seduto un donnone enorme. Deluso, il giovanotto aveva cercato in tutti i modi di farsi piccolo-piccolo per non toccarlo e fargli posto, ma era assurdo. Quella massa di carne era incontenibile, debordava dal sedile, dai braccioli e ostruiva parte del corridoio. Pure le tette faticavano a star dentro la maglietta. La donna lo aveva guardato bieca, quasi fosse lui a togliere spazio. Si consolava il giovane tecnico, pensando alla ragazza. Si domandava dove mai si fosse cacciata. Che avesse perso la coincidenza? Nel fantasticare s'era perfino scordato della sua disagevole posizione. Gli venne perfino da ridere immaginando un sortilegio: “magari”, pensava, “sotto le vesti della grassona, ci sarà la graziosa, simpatica ragazza bruna”.
Finalmente Mestre! Finalmente, il donnone gli restituiva la libertà di muoversi. Avesse continuato, ancora dieci minuti, sarebbe rimasto rattrappito per la vita.
Mentre il bus lo portava alla fabbrica, tornò a fantasticare, di quel tanto che, a un tratto si scosse. Si guardò attorno. Aveva avuto l'impressione di aver parlato da solo: mentalmente si stava provando, cercava le parole per "tacàr botòn". Era sicuro: l'avrebbe rivista l'indomani mattina la simpatica ragazza bruna!
Finito il turno, prese posto nella carrozza centrale e, durante il viaggio di ritorno, fece finta di dormire. La sua mente però, era persa: vagava beato in un mondo di sogno e con lui il fantasma della ragazza.
Una volta a casa, dopo una cena frettolosa, snobbò del tutto la televisione. Si chiuse in camera. Si sdraiò sul letto, e lei un chiodo fisso nella mente. Quella notte arrivò anche a sognarsela la sua simpatica ragazza minuta e bruna. Si rese conto che era del tutto "rincitrullito", innamorato-cotto, ed il pensiero che l'indomani l'avrebbe rivista gli disegnava in viso un non-so-che di beatitudine e di estasi.
La sveglia suonò. …Per la miseria! Perché proprio in quel momento!? …Che se ne stava rapito, incantato davanti a lei che vestiva da sposa! …Era stato soltanto un sogno.
Si lavò; si vestì in fretta. Raffazzonò una colazione da gran premio, anche se la mamma gli aveva fatto notare che era in anticipo: di solito capitava il contrario. Ma, era una mattina speciale quella. Aveva deciso che avrebbe parlato alla ragazza. Mentalmente, per la strada, s'era anche ripassate le parole. Certo, andavano bene. O no? …Già, il tono! Ecco sì, il tono della voce, come avrebbe dovuto essere? Il più naturale possibile! Logico. Non doveva darle l'idea di un imbranato. Caspita, che figura ci avrebbe fatto? Quella sarebbe stata capace anche di non rispondergli e magari farsi una risata. Sì, contegno e naturalezza, questo ci voleva!
Si infilò nel solito vagone di centro e stette ad aspettare. Il treno era ancora mezzo vuoto. Venne a turbarlo il pensiero della donna grassa e gli prese un po' d'agitazione. Soltanto pochi attimi e si rasserenò. Pregustava il piacere dell'incontro: ora gli occhi gli brillavano.
Neanche il tempo di girarsi e, il "ciao" lo fece trasalire. Un attimo di confusione. "Ciao" le rispose sorridendo. Gli si sedette accanto già col libro in mano. Lui la guardò; cercò i suoi occhi. La ragazza lo sfuggiva. Si fece forza e le domandò che stesse leggendo. Lei, gentilmente, gli mostrò il titolo del libro. Stava per chiederle di cosa trattasse. La signorina però, l'aveva preceduto: glielo stava già spiegando. E lui là, incantato, a guardarla…, forse, qualcosa aveva anche ascoltato.
Pure lei osò fargli delle domande. Cominciarono così a conoscersi. Alla fine, consci di non sapere i rispettivi nomi, si presentarono. Ad ambedue esultava il cuore e ridevano gli occhi. La simpatia li aveva in pugno, li marcava stretti e così forte, così totale, che bastò niente perché si tramutasse in quello strano sentimento che, quando prende, fa rincitrullire le persone e che tutti chiamano amore.


Mario Berto

 
 

 

 

   
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anno 10° . aggiornamento n. 1