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Le due Streghe e Orca Marmitta
di Mario Berto
 
 
   

 

 

          Un tempo quando la fantasia superava la realtà, vivevano a Vattelapesca due ragazzine che avevano la fortuna di essere anche sorelle. Fortuna per modo di dire, perché la più grande delle due considerava la più piccola una streghetta, tanto da affibbiarle il nome di “strega Pablitta”. Però anche la sorellina più piccola non era la santarellina che voi immaginate, a sua volta considerava la sorella maggiore una strega pure lei e le aveva dato il nome di “strega Carmensita”. Erano due streghe sempre piene di fame che si rimpinzavano di panini al salame ungherese e coca-cola a ufo e a sbafo.
          Vi domanderete cosa ci facessero due streghe, per di più sorelle, nella loro casa di via Impossibile 1, a Vattelapesca, che sbafavano panini al salame ungherese e bevevano coca cola a ufo? Ebbene, vi devo confessare, prima che in via Impossibile 1, di Vattelapesca arrivassero le due streghe, la contrada era frequentata da tanti gatti, gattoni, gattacci e anche gatte ma, dopo che sono arrivate loro, le streghe Pablitta e Carmensita, i gatti come per magia  sparirono. Ovvio direte voi, perché le streghe di solito i gatti se li cucinano a pranzo e cena. Ma non è così!
          I gatti, animali furbi e diffidenti, avevano sentito parlare da un loro lontano parente del paese di “Boh”, un paese meraviglioso per i felini, un vero paradiso, almeno così si diceva, perché era anche il paese dei topi. Così, appena seppero che due streghe stavano nella loro contrada, un po' per paura, un po' per lusinga, decisero di emigrare in massa.  A “Boh”, è vero,  c'erano tanti, ma proprio tanti topi di tutte le taglie e di tutte le misure, grandi, grossi, corti, lunghi, magri e grassi. C'erano perfino topi di città e topi di campagna, topi di biblioteca e topi di appartamento. I gatti, lontani dalle probabili insidie delle due streghe, in questo paese si divertivano un mondo a rincorrere i topi fino allo sfinimento, tranne quelli di appartamento, che quelli erano topi veramente grossi, tanto che, da veri ladri,  riuscivano a scassinare le porte delle case e fare man bassa di ogni ben di dio. Quei topi di appartamento erano veramente dei mostri e i gatti e anche le gatte, stavano alla larga da loro, perché potevano finire male, peggio che nelle mani delle streghe.
          Gatti e topi insomma, nel paese di “Boh”, giocavano a rincorrersi e si divertivano da morire. Quando erano sfiniti per le lunghe corse, topi e gatti, si addormentavano beati e mentre dormivano della grossa, passava il fantasma Morfeo che li raccoglieva ad uno ad uno e li precipitava nella voragine del “sonno profondo”. Questa del “sonno profondo” era una buca enorme, un baratro dal quale, una volta dentro, nessuno riusciva più ad uscire, a meno che non fosse svegliato a forza da qualcuno, o  si svegliasse da solo di soprassalto. Il risveglio però era molto improbabile, dato lo sfinimento provocato dal troppo giocare. 
          “Il sonno profondo” non perdonava.  Era un pozzo senza fine, dove gatti e topi precipitavano senza mai cadere. Dove andassero nessuno lo sapeva. Sì, Carmensita e Pablitta, qualche volta ne avevano parlato tra di loro, ma segretamente, perché non volevano far sapere in giro che in fondo al pozzo del “sonno profondo” c'era la meravigliosa  “città dei sogni”. La città dove grandi e piccini sceglievano il loro sogno più bello che poi, una volta svegli, regalavano alle persone che amavano. Così, come gli innamorati sceglievano con cura quello per la persona amata, anche i bambini, sceglievano quello da raccontare alla loro mamma.
          Il guaio era che la regina della “città dei sogni” fosse un'orca cattiva, ma cattiva davvero, che faceva di nome Marmitta. Pensate un po', Orca Marmitta, già il nome era spaventoso. E quando era arrabbiata Marmitta andava su tutte le furie e si metteva a urlare:
     <<Bastaaaaaaaaaaa, non ne posso più! Finitelaaaaaa!>>, metteva i brividi. Sembrava che dalla sua bocca uscissero delle fucilate, ma che dico, delle cannonate uscivano!
      Quest'orca, se ne stava tutto il santo giorno con una scopa in mano, aspettando i poveri gatti e i disgraziati topi sognatori. Appena li vedeva arrivare, e stavano ancora a mezz'aria, vibrava con la sua scopa sventole che, nemmeno Sberlo Lesto, il famoso giocatore di baseball, riusciva a sferrare, così gatti i topi finivano tutti in gatta-buia. Ed era giusto così, altrimenti, addio “città dei sogni”, perché, con tutti quei gatti e tutti quei topi, sarebbe diventata una infernale “gattatopaia” e a quel punto i sogni sarebbero tutti volati via. Nemmeno più un sogno da regalare alla mamma sarebbe rimasto per i bambini buoni.
          Gatta-buia? E cos'era mai? Era una grande prigione, guardata a vista nientepopodimenoche dalle streghe sorelle Carmensita e Pablitta. Le due streghe sorelle, mettevano i felini e i ratti ancora addormentati e per di più storditi dalle sventole di Orca Marmitta nella loro prigione. Poi, ficcavano i poveretti dentro a dei grandi sacchi e li portavano nel vicino laboratorio di magia nera per i loro esperimenti.
          Vi dicevo di Orca Marmitta, ebbene, non era altro che la nonna delle due streghe bambine. Tutti la chiamavano così, perché quest'orca aveva una riserva di scapaccioni che erano autentiche pentole. Pentole? Di più! Erano delle marmitte  quegli scapaccioni! E se qualcuno aveva la disgrazia di riceverne uno sulla zucca, dormiva per almeno otto giorni filati. Le due streghe sorelle e nipotine di Orca Marmitta, Pablitta e Carmensita, sapevano di questa riserva speciale di scapaccioni, per cui  se ne stavano alla larga da nonna Marmitta. Capitava che la sentissero  brontolare e urlare per casa, ma loro non ci facevano caso me, standosene alla larga, continuavano i loro giochi, con le orecchie tese però, pronte a scappare lontano non appena nonna orca si avvicinava.
          Inoltre, le due streghe sorelle, nonché care nipoti di Orca Marmitta, facendo esperimenti coi topi e i gatti addormentati nel loro laboratorio di stregoneria, s'erano inventate una pozione magica, di cui la nonna andava ghiotta. Una volta ammucchiati un bel po' di topini e gattini, le due streghe sorelle li trasformavano prima in cavallette e poi, tagliando loro ali e zampe, in bruchi. I bruchi erano poi custoditi in un orto speciale e nutriti di lattuga e rucola fresca, per farne così tante esche da vendere agli ignari pescatori “de Ciosa” che, poveracci, s'erano ridotti a pescare soltanto code di rospo, quelle codine che i brutti anfibi lasciavano cadere quando, in età adulta, da girini diventavano dei veri bruttissimi rospi. Invece, con le ali e le zampe delle cavallette, Carmensita e Pablitta, preparavano un succulento e croccante insalatone, che servivano a nonna Orca Marmitta nell'ora di pranzo, ben condito di olio, sale, pepe e aceto, con l'aggiunta di un pizzico di zenzero. E, quant'era buono! Ma guai se fosse mancato lo zenzero, perché Orca Marmitta non avrebbe più digerito e, quando non digeriva, non dormiva e diventava ancora più insopportabile. 
          Per l'effetto magico dell'insalatone di zampe e ali di cavalletta allo zenzero infatti, Orca Marmitta loro nonna, veniva assalita da una forte sonnolenza. La voglia di dormire era tale che correva a mettersi in poltrona e là spaparanzata, poco dopo, la si sentiva russare, anche se per la verità, lei non aveva mai studiato il russo. Come facesse è ancora un mistero, infatti lei, Orca Marmitta aveva studiato soltanto un po' di francese che, tra l'altro, aveva del tutto dimenticato. Lei però il russo, forse per un effetto secondario del magico e schifosissimo insalatone allo zenzero, lo conosceva meglio che non un abitante della Russia stessa.  Intanto, le streghe sorelle, Carmensita e Pablitta, se la ridevano a crepapelle perché, appena nonna Marmitta si addormentava, ... e dormiva della grossa per non dire della “russa”, si mettevano a scorrazzare per le stanze di casa, perfino col monopattino scorrazzavano! E ne combinavano di tutti i colori, senza che la nonna potesse vederle e dire qualcosa. Poi, quando nonna Orca Marmitta si svegliava, subito Carmensita e Pablitta, si mettevano sorridenti davanti a lei e, gentilmente, le chiedevano:
     <<Nonna Marmitta, hai dormito bene?>> La nonna allora, stropicciandosi gli occhi,  le guardava meravigliata e rispondeva:
     <<Oh, sì, mie care nipotine ho dormito benissimo, perché voi siete state veramente brave!>> Diceva così, perché, ancora mezza addormentata non era stata per le stanze di casa, che invece erano un vero campo di battaglia, dove Carmensita e Pablitta, s'erano affrontate a colpi di magia, ovvero di stregoneria: era il caos! Disordine dappertutto!
          A questo punto però, tutta la magia scompariva e le due ragazzine sorelle prendevano le naturali forme di Marta e Chiara, le care nipotine di nonna Teresa. Anche la nonna al risveglio, pure lei, dopo il terzo stropicciamento agli occhi diventava una nonna normale. Allora, nonna Teresa, cominciava a ricordarsi di un sogno piuttosto strano.  Raccontava che due piccole streghe, ma cattive davvero, l'avevano trasformata in una vecchia marmitta. Sì, una vecchia sbuffante e scoppiettante marmitta, di una sgangherata Fiat500, molto simile a quella che aveva nonno Mario quando, ancora morosi, l'andava a trovare a Nonsodove.  ...A quel tempo, la nonna aveva le sembianze di Fata Morgana, una fata bellissima che però, aveva il pessimo vizio di ingannare la gente coi  miraggi. Infatti, con un tocco della sua bacchetta magica, Morgana, bellissima fata di Nonsodove, riusciva a far sì che le persone, come nonno Mario, vedessero poco lontano da loro cose meravigliose, ma del tutto inesistenti e perciò irraggiungibili, proprio come capita nei sogni. Ma questa è un'altra storia.

Mario Berto

 

   
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