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Sony Il Fantasma dei Sogni
di Mario Berto
 
 
   

 

Alla brezza era subentrato un fresco vento di maestrale, mentre intorno tutto si illuminava a giorno. Sparse in cielo, nuvole arruffate andavano pigre non si sa dove: forse, attardati fantasmi di ritorno dai sogni dei bimbi, seguivano la notte già lontana. Bianche, rosa, dalle forme più strane, le nuvole-fantasma giocavano a rincorrersi nel vento, accarezzate dai primi raggi di sole. Si raggomitolavano, si sfilacciavano, si assalivano, si assottigliavano e a poco a poco svanivano, proprio come fantasmi.
     Il piccolo Sony, l’ultimo del gruppo, filava nel vento un po’ svogliato, con gli occhi spiritati. Si avvolgeva e svolgeva nella sua mantellina, rotta e sfilacciata.
     Quello scavezzacollo di fantasma, per tutta la notte e fino a mattino inoltrato, era rimasto a giocare con  Marta, un frugolo di bimba che ancora non aveva tre anni e che già parlava di asilo e di scuola col nonno. Doveva averle regalato un sogno davvero divertente se con le sue risatine incoscienti la piccina era riuscita a svegliare la mamma! Questa, udendola, aveva pensato che la figlia si stesse arrampicando sulla spalliera del letto, come già aveva fatto altre volte ed era subito corsa a vedere. Invece Marta, con ancora la risatina che le correva in bocca, dormiva della grossa. Allora la mamma le diede un bacio, socchiuse la porta e scese in cucina per le faccende.
     Sony, accortosi d’aver fatto tardi, salutò la bimba che giocava col sogno. Invisibile, con un leggerissimo fruscio il piccolo fantasma scostò la tenda, attraversò la finestra e s’involò nel cielo del mattino. Correva così felice e soddisfatto, con negli occhi ancora le immagini di Marta, da non accorgersi di quella nuvola strana, tutta di carta rossa, che volteggiava e danzava sospesa nell’aria, che nonostante il vento non riusciva ad avanzare di un metro. Fu un attimo, …e le fu addosso! Preso dalla sua corsa, l’attraversò tutta, ma questa non si scompose. Aveva sentito solo un piccolo solletico che le provocò un tremito di piacere e lo salutò divertita: 
     "Ciao piccolo Sony, dove te ne vai così di fretta?"
     “Oh! Scusami, non ti avevo vista.” Rispose lui dispiaciuto e sorpreso che quella sapesse il suo nome.
     “Non è successo niente, anzi, sono felice di averti incontrato” replicò la strana nuvola rossa. “Dai, fermati un momento a giocare con me!” 
     “Ti assicuro, volentieri, ma ora non posso proprio!” rispose il fantasma, “devo correre via, non posso sopportare a lungo la luce del giorno e la notte è già lontana!”
     “Sono qui tutto solo, dai, non farti pregare!” replicò la strana nuvola rossa.
     Il piccolo fantasma allora, girandole intorno, la guardò bene e sbottò:
     “Ma tu non sei una nuvola, sei fatta di carta! …Come ti chiami?"
     “Mi chiamano tutti Aquilone” gli rispose quasi piangendo, “e poco fa il vento, questo pazzerello, mi ha strappato dalle mani di un bambino, il filo mi si è impigliato tra i rami dell’albero qui sotto! …Se solo riuscissi a liberarmi, volerei via con te!”
     Vedendo Aquilone così mortificato e curioso come mai sapesse il suo nome, Sony gli domandò:
     “Dimmi un po’! Come mai conosci il mio nome?”
     “Il tuo nome? Esclamò lui stupito, “mica è un mistero. Lo conoscono tutti laggiù, il tuo nome!” e gli indicò una torma vociante di bimbi che giocava nel cortile di una scuola. “Quelli non fanno altro che parlare di te, e dicono che basta esprimere un desiderio e che tu, subito la notte dopo, glielo porti in sogno. E sapessi quanto si divertono a raccontarli!”
     Mentre parlavano, ecco arrivare di nuovo il vento, tutto allegro e ciarliero. Veramente, s’era un po’ rammollito con il tepore della Primavera e, dopo quello che aveva combinato durante l’Inverno, c’era anche da aspettarselo. Ora, con la bella stagione, era ubriaco di felicità e se ne andava a zonzo come un monello, un po’ qua, un po’ là. Ora nel bosco a scuotere i rami degli alberi. Ora scivolava sui prati per accarezzare i fiori e l’erba. Ora sul mare ad increspare le piccole onde. Insomma, giocava scherzi a tutti. Aveva fatto disperare anche il bambino dalle cui mani aveva appena strappato Aquilone, ma a lui non gliene importava un fico secco. Era proprio un monellaccio il vento di Primavera!
     Stavano ancora parlando, quando il vento con uno scatto fulmineo si mise sotto le ali di Aquilone facendolo vibrare; soffiò un po’ più forte ed il filo si ruppe.  Così, all’improvviso, come per magia Aquilone si alzò alto nel cielo, lasciando il piccolo Sony con un palmo di naso, che quasi gli veniva da vergognarsi. Caspita, era un fantasma, mica era Pinocchio lui! ...E quando si mise al suo inseguimento era già tardi. Aquilone filava via veloce col vento, ed era volato così alto che si vedeva appena. Allora gli gridò:
     "Amico Aquiloneeeee! Stai volando troppo altoooo! Attento è pericolosooo, sei troppo rigido e se il vento cala c’è il rischio che precipitiiii. Attento ai campanili delle chiese, alle cime degli alberi. Ti puoi rompere tuttoooo! Stai lontano dai laghi e dal mare perché, una volta bagnato, non potrai più volareeee! Non ti fidare troppo del vento: è traditoreeee! …Quelloooo, ti può abbandonare da un momento all’altroooo!"
    Fu tutto inutile. Aquilone non lo poteva sentire, troppo lontano ormai! Filava alto, a velocità supersonica e ben presto sparì dalla vista del piccolo fantasma.
     All’improvviso il vento si abbassò. Aquilone, senza più sostegno, cominciò a roteare, a perdere quota e via giù, giù, giù a rotta di collo, e così forte che c'era pericolo che si sfracellasse sul campo sottostante. Per sua fortuna il vento gli fece fare una breve impennata e riuscì così ad addolcire la caduta: proprio là, sul prato dove stava ancora piangendo il bambino che si credeva di averlo perso per sempre.
     Al vedere il suo Aquilone, il bimbo batté le mani dalla gioia e corse subito a raccoglierlo. Lo portò al suo papà perché lo aggiustasse. Questi, con un po’ di colla e carta rossa, rattoppò i buchi e aggiustò gli strappi. Poi, con della carta verde e gialla gli fece una bella coda multicolore, tutta ad anelli. Gli legò un nuovo filo, lungo e  resistente, di puro nailon e, al primo alito di vento, mentre il figlio lo teneva per l’altro capo, lo fece alzare in volo. Era davvero magnifico l’aquilone rosso con la coda verde e gialla! …Stavolta il bimbo non se lo sarebbe fatto scappare! Non voleva certo farsi rubare dal vento i suoi desideri! Sì, perchè ad ogni anello della coda corrispondeva un desiderio, di quelli più cari e più segreti, che assolutamente non voleva perdere. Così lo teneva stretto per lo spago e lo guidava nel vento.
     Quei desideri sugli anelli della coda erano tutto il suo piccolo mondo, il suo tesoro.  Il bimbo li aveva pensati e fatti scrivere dal suo papà, per affidarli al vento e portarli in cielo tra le nuvole dal suo bellissimo aquilone rosso. Sony poi, il piccolo fantasma della notte, li avrebbe letti e li avrebbe tramutati in sogni per bambini.

Mario Berto

 

   
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